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Una riflessione (che nessuno ha chiesto) sulla bellezza intrinseca di Top Gun: Maverick

Poco tempo fa ho visto Top Gun: Maverick, e mi è piaciuto. Molto anche. L'ho trovato un film solido, capace di alternare momenti delicati e sottili a momenti di sorprendente intensità. Ma a quanto pare la mia non risulta un'opinione condivisa: ho visto il web pullulare di odio nei confronti di questo film, per il semplice motivo di… Esistere? Parliamoci chiaro, io sono la prima persona che dice "Solo perché possiamo fare una cosa, non vuol dire che la dobbiamo fare", ma Top Gun: Maverick non ha bisogno di giustificare la sua esistenza, nella mia opinione questo film ha pieno diritto a un posto di fianco a tutti gli altri film usciti nel 2022, non solo per l'eccellenza tecnica raggiunta nel film (una regia e un montaggio forse unici nel loro genere e in senso positivo) ma anche perché abbiamo ancora bisogno di film che ci ricordino cosa sia lo storytelling lineare, semplice e concreto.

In questa mia riflessione, che non mi sento di chiamare recensione, perché è qualcosa di molto più vasto, personale e senza limiti precisi, vorrei riuscire a fare comprendere il mio amore per questo film, andando ad analizzare le accuse infondate rivoltegli e spiegando cosa invece c'è di buono e sincero in Top Gun: Maverick.

Partiamo dall'elemento che mi ha fatto evitare a lungo di dare una chance a questo film: Tom Cruise. Ho apprezzato Tom Cruise solo una volta nella mia vita, in Eyes Wide Shut, penso prevalentemente perché mi piaceva l'dea di vederlo sofferente on e off screen. Da un punto di vista umano io disprezzo radicalmente quest'uomo, penso che le sue idee politiche siano discutibili per non parlare di quelle riguardanti "ordini religiosi". Insomma, è estremamente facile storcere il naso davanti a quest'uomo e passare avanti, me ne rendo conto, eppure dargli una possibilità è stato una cosa di cui non mi pento: circa un mese fa, ancora sotto l'effetto dell'anestesia in seguito alla rimozione del mio primo dente del giudizio, ho deciso di guardare per la prima volta l'originale Top Gun e l'ho AMATO.

Top Gun del 1986 è un film che ho approcciato con seccatura, i primi 15 minuti sono stati i più lunghi della mia vita, forse a causa, per l'appunto, di un giovane autocompiacente Cruise con una faccia da schiaffi insopportabile, o forse per gli effetti speciali che non mi hanno fatto credere neppure per un secondo di assistere a delle persone all'interno di aerei militari. Non so ben dire quando la mia sospensione dell'incredulità abbia finalmente avuto effetto, ma una volta che ciò è avvenuto, tutte le barriere sono state abbattute: i colori, da noi oggi definiti "kitsch", hanno accresciuto la temperatura emozionale del film istantaneamente, facendomi risultare subito coinvolta nelle storie dei personaggi. Storie che sulla carta risultano poco interessanti: banalotta love story tra uomo e donna, rivalità tra due ragazzini che vogliono lo stesso giocattolone… Non c'è molto da dire, eppure il mio cuore è stato immediatamente catturato da tutto ciò. Nel rapporto tra Maverick e Goose ho trovato una sensibilità rara, rarissima nei film di allora ma anche odierni, specialmente tra due uomini. Il modo in cui i due non trovavano problemi nel contatto fisico, il loro forte legame platonico mi ha per un attimo rimandato alle scene padre-figlio di Luciano Serra Pilota, altro grande esempio di sensibilità maschile.

Leggere Top Gun come un film sugli aerei da battaglia o sul concentrato di testosterone maschile è una lettura non necessariamente sbagliata, ma sicuramente noiosa e banale. Il regista, Tony Scott, pone di fronte a noi questo prodotto ricco di significato se solo sappiamo dove e come guardare. Il cinema non è solo questione di sguardo: seguire il volo di Maverick con gli occhi è una cosa, lasciarsi affascinare dalla sua storia, dal rapporto con Goose, farsi guidare dal cuore è un'altra esperienza.

In seguito a questo lungo inciso riguardante il primo film della saga, concludo dicendo che è facile attaccare Cruise. Tuttavia, questo atteggiamento prevenuto risulta ingiusto poiché, se non nell'originale Top Gun, nel sequel Tom Cruise dà probabilmente la migliore interpretazione della sua carriera. Cercando per un attimo di andare oltre le apparenze, vedremo sullo schermo un Maverick, per cui nulla è cambiato: non per niente la prima inquadratura del film è proprio lui che aggiusta un aereo, come supponiamo abbia fatto più volte nella sua vita. Tuttavia, adesso c'è qualcosa di diverso, il sorrisino sufficiente che aveva stampato sul volto nell'86 è sostituito dai segni della vecchiaia. In questo momento lo spettatore non è sicuro di chi sia l'oggetto del suo sguardo: chi risiede sullo schermo, Maverick o Cruise stesso? In quasi tutti i suoi film Cruise risulta una macchina da guerra inarrestabile, i molteplici Mission Impossible ne sono la prova. È curioso quindi che in Top Gun: Maverick, invece, accetti non solo che il suo personaggio sia invecchiato, ma anche egli stesso. Questa è la vera prova del film, l'inciding incident che fa scaturire la narrazione: Maverick deve mettere da parte il casco e cessare di essere un ribelle, per diventare parte integrante del sistema, cosa che ripudiava da sempre. È giunto il momento di cedere il posto del pilota per acquisire quello dell'insegnate.

Potrei portare avanti questo discorso analizzando molteplici sequenze del film, ma non voglio né fare spoiler né fare un'analisi frame by frame, voglio solamente buttare su carta un paio di riflessioni. Dico questo: a un certo punto del film Maverick si ritrova completamente solo. Maverick, come Cruise, si ritrova a riflettere sulla propria mortalità, sui propri errori, penso che per un istante gli sia passato per la testa il pensiero "Perché sono rimasto io? Perché sono ancora vivo?" Invece di crollare su se stesso e farsi assalire dal nichilismo, Maverick risponde come il tipico eroe modernista, mettendosi alla prova, dimostrando di essere davvero the best of the best nel fare una cosa: pilotare un aereo. Dopo altre ed eventuali peripezie, egli arriverà anche alla fine del suo "Viaggio dell'eroe", capendo che ciò di cui aveva bisogno, sin dal principio, non era fare il ribelle o pilotare gli aerei più veloci, bensì avere un team, scoprire la bellezza e l'importanza del fare le cose insieme. Nel profondo del mio cuore, scelgo di credere che anche Tom Cruise abbia appreso questa lezione e che ancora una volta il cinema abbia compiuto la magia di rendere le persone un po' più buone di quanto non fossero.

Dopo aver parlato di uno dei capisaldi di questo film, è il momento di nominarne il secondo: Joseph Kosinski. C'è chi lo ricorda come il regista di Tron Legacy, film che io personalmente scelgo di dimenticare, anche perché, avendolo visto quasi 10 anni fa, non so che tipo di discorso critico potrei elaborare a riguardo. A ogni modo, Kosinski è un regista relativamente nuovo, ma penso che dandogli le giuste risorse a disposizione, come Top Gun: Maverick ha fatto, potrebbe rivelarsi una grande scoperta. La cosa che mi ha lasciata a bocca aperta è il modo in cui i recensori negativi di questo film abbiano scelto di parlare di Kosinski, cioè non nominandolo neppure: tutte le recensioni negative (per lo meno da me lette) si scagliano contro Cruise, ritenendolo un insopportabile mitomane superomistico (anche se, come già spiegato, questo film ne rivela tutto un altro lato) o contro la politica sottostante del film, la quale esalta gli Stati Uniti come stato "pacifico" che usa le sue armi unicamente a scopo democratico (quando sappiamo tutti che non è così, ma ne parlerò dopo). Tuttavia, nessuno ha parlato della regia, o comunque degli altri dipartimenti tecnici che hanno brillato nello svolgimento del loro lavoro, come il montaggio audio e visivo.

Concordo con il pensare che un messaggio politico marcio valga l'identità di tutto il film, ma nell'istante in cui l'unico modo per fare un film è accettare i fondi di una macchina propagandistica come si può giudicare in maniera unilaterale questo film? Ritorno alla frase iniziale " Solo perché possiamo fare una cosa, non vuol dire che la dobbiamo fare", ma ripeto nuovamente che Top Gun: Maverick sia un film di cui abbiamo bisogno in questo momento, per motivi che spiegherò verso la conclusione. Come affrontare il problema del significato dunque, sapendo che la creazione di questo film è divisa tra lo sguardo dell'artista, Kosinski, e quello della produzione, la quale he imposto personalmente la scrittura e la realizzazione di alcune scene per un proprio guadagno personale? Se la scelta sta a me, scelgo di ricorrere alla teoria dell'autore: assumendo Kosinski come guida del film, scelgo i giudicare la sua visione autoriale, l'unica che a me sta a cuore.

Personalmente, ritengo sia facile discernere tra quali decisioni sono risultate studio oriented e quali sono state prese autonomamente dall'autore: da sciocchezze come il costante pugno in faccia delle bandiere americane su ogni sfondo, alla rappresentazione del nemico come anonimo soldato vestito di nero. Ai nostri protagonisti sono date identità, sogni, ambizioni, così che, nell'istante in cui qualcosa succeda loro, noi saremo immediatamente coinvolti emotivamente. Questo è un basic storytelling device, niente di nuovo, il quale però risulta pericoloso nell'istante in cui è usato per farci schierare nettamente in maniera politica: non a caso, nell'originale Star Wars era realizzato lo stesso meccanismo, ma con scopo di protesta, poiché i nostri eroi non rappresentavano gli Stati Uniti, bensì il gruppo in minoranza che in quel periodo il colosso mondiale stava cercando di distruggere, ossia il Vietnam. Gli Stati Uniti sono rappresentati dall'Impero, cioè migliaia di soldati senza volto e senza scrupoli, attuando dunque una potente satira sociale per gli anni in cui era uscito Star Wars, anche se personalmente penso che quest'interpretazione sia dovuta all'intelligenza del pubblico ricevente, George Lucas non si è mai mostrato così sagace o ribelle. A ogni modo, nell'istante in cui questo framing device è utilizzato nei confronti di una minoranza, ne risulta ovviamente una problematica, in quanto si dà una lettura errata della società, prodotta e manufatta da un gruppo dominante per essere consegnato a un pubblico che fa parte di quella stessa cultura dominante.

Da quanto detto sopra emerge il problema della rappresentazione, problema ovviato (ma non risolto) se, come dichiarato precedentemente, scelgo di assumere Kosinski come autore. Rimuovendo i pezzi di propaganda ma analizzando comunque il film nella sua totalità, il cuore ne emerge a ogni modo. Questo film è un retelling della classica storia padre figlio: la separazione, la mancanza di riconoscimento, la rivalutazione della problematica emotiva in seguito al superamento degli ostacoli affrontati insieme, il ricongiungimento. Di nuovo in questo caso ho sentito un richiamo a Luciano Serra Pilota, ma penso che ciò sia dovuto all'incredibile somiglianza a livello narrativo tra i due film. La regia di Kosinski risulta incredibilmente esperta, con un sapere esatto della dinamica che si instaura tra in campo e fuori campo. Inoltre, risulta anche incredibilmente duttile, sapendosi adattare a situazioni diametralmente opposte senza sbagliare di una virgola: dal volo di un aereo a Mach 10 a una serata allegra al bar, dall'allenamento dei piloti pre-missione alla fuga in una foresta innevata. Il montaggio è di grande aiuto nel mantenere un ritmo che, nonostante il continuo cambio di setting e di personaggi, raramente risulta sbilanciato in una direzione piuttosto che un'altra, anche se a volte fa sentire la prolissità di alcune sequenze. La regia di Kosinski, unita alla recitazione di Cruise, riesce a far sentire un film incredibilmente action packed talvolta addirittura character centered: anche se il film è portato avanti dalla successione degli eventi, esso talvolta si sofferma su Maverick, risultando sì prevalentemente basato sull'azione, ma comunque dando quel qualcosa in più: una riflessione umana che in molti blockbuster ricchi di azione si fatica  a trovare.

Detto ciò, ho assunto la teoria dell'autore come baluardo a difesa del film, ma non la posso effettivamente affermare con forza, avendo visto solo questo film di Kosinski e il precedentemente nominato Tron Legacy. Non sento di poter dire che, stilisticamente, i due film siano affini, non avendo dei presupposti su cui basarmi. Questa riflessione è più un what if, che potrò confermare solo una volta che l'industria darà effettivamente lo spazio a Kosinski di esistere come autore indipendente, supportato da una produzione non non lo prevarichi, bensì lo aiuti. Inoltre, queste sono solo le mie opinioni in seguito alla visione del film: non sono andata alla ricerca di informazioni che potessero sostenere la mia tesi. Questo scritto è un atto di fede, l'unica speranza su cui posso basarmi è che il mio occhio attento sia riuscito a distinguere tra quanto è voluto dall'autore e quanto dalla produzione, ma so di non avere certezze. Scelgo di ritenere Kosinski un autore, un autore che merita di essere considerato al pari degli altri: è facile andare al cinema e sprecare parole di elogio nei confronti di Killers of the flowers moon di Martin Scorsese o Perfect Days di Wim Wenders, poichè essendo i due autori consolidati non si incontra alcuna opposizione all'interno della comunità cinefila, se non in minoranza. Penso sia sinceramente più interessante lottare contro il pantheon degli autori ormai stabilito che andare a confermare ulteriormente ciò che i nostri padri hanno detto e che è stato consolidato nel tempo.

Parliamo ora dell'accusa più grande rivolta a questo film: lo scopo propagandistico. Come ripetuto più volte, Top Gun: Maverick ha ricevuto gran parte dei finanziamenti da parte dell'esercito degli Stati Uniti: scene come quelle di volo in degli effettivi F-18 o delle prove di forza G non sarebbero state possibili senza questo supporto, e il film avrebbe finito per avere un aspetto " kitsch " come quello del '86. Purtroppo, tutto ha un prezzo: Kosinski è stato spesso "messo da parte", così come gli sceneggiatori del film, a favore di una scrittura partitica e ridondante, elaborata dall'armata statunitense per incrementare il numero di giovani statunitensi nell'esercito. Premetto che questa è stata l'unica informazione che ho ricercato, per provare effettivamente che c'è stato un pesante lavoro di riscrittura in Top Gun: Maverick che ha compromesso la visione originale del film da parte delle persone che l'avevano immaginato come un tributo al lavoro di Tony Scott.

Innanzi tutto, vorrei dire che per quanto l'atto di scrivere un film unicamente per avere un incremento nel reclutamento militare è un'azione spregevole, su chi può aver effettivamente funzionato? Per quanto il messaggio possa essere spinto, dubito che un giovane ventenne degli USA sia uscito di sala con un obiettivo, quello di iscriversi nei militari. Questa è la mia opinione ovviamente, potrebbe anche essere successo, ma non siamo più in un mondo che ha appena incontrato l'universo mediatico, come i giovani italiani del'43 che vedendo Camicia Nera decidevano di andare in guerra per la patria. Essendo soggetti a continue influenze mediatiche, il cinema, come la televisione, non ha più il potere che avevano anche solo 60 anni fa. Adesso il Cinegiornale Luce non è più l'unica possibilità di vedere immagini in movimento, abbiamo la libertà (condizionata da molti fattori ovviamente) di scegliere: se oggi un ragazzo vedendo Top Gun: Maverick decide di arruolarsi, io domani, vedendo Julie and Julia, vorrò diventare uno  chef professionista. È un paragone sciocco, me ne rendo conto, ma mi sembra l'unico modo per rispondere a tono alle persone che valutano questo film solo per la potenziale presa che esso ha sul suo pubblico, tale da far compiere scelte forsennate agli spettatori.

Detto ciò, in un mondo globalizzato ed essenzialmente controllato dal monopolio commerciale, accusare un solo film di essere l'origine del male è semplicemente imbarazzante, per non dire cieco nei confronti della realtà circostante. Il cinema è arte, idealmente dovrebbe essere solo quello, ma sarebbe una presa in giro non ammettere che è anche un mercato. Dietro a ogni film ci sono compagnie multi miliardarie, che producono alcuni prodotti e ne scartano altri in base a criteri di puro guadagno, oltre che per proteggere la propria agenda politica. Ricordate quando ho nominato Killers of the Flower Moon? Il film è prodotto dalla Apple, un'azienda non esattamente nota per il suo buon cuore: è risaputo che la Apple possiede un numero infinitamente alto di sweatshops nelle nazioni del terzo mondo, così come è noto che non si fa problemi con lo sfruttamento minorile. Scegliamo di ignorare questi atti e  altre migliaia di crimini per evitare di sentirci in colpa, per continuare a vivere la nostra borghese quotidianità. Apple ha usato il film di Scorsese, oltre che per iniziare ad entrare nel gioco degli awards con la sua novella piattaforma, per mostrare un'altra faccia al pubblico, tutt'altro che veritiera: quella dell'azienda che ha a cuore le minoranze, i genocidi e le ingiustizie.

Altro film dell'anno, che ha riscosso successo a livello mondiale e "fatto rinascere il movimento femminista": Barbie, diretto da Greta Gerwig e prodotto dalla Mattel, responsabile della creazione della bambola in questione, la quale ha fatto retrocedere il movimento femminista di almeno 10 anni. Il film dà l'impressione che la multinazionale si senta sinceramente in colpa per i danni arrecati alle donne di tutte il mondo, e fa ciò alternando scuse oneste a battute autoironiche. Come non adorare una compagnia che si mette in gioco e che comprende anche l'umorismo dei giovani. Eccetto che è, di nuovo, mostrare un'altra faccia che in realtà è solo una maschera. Come spiegato da Bo Burnham in una sua intervista, è incredibilmente preoccupante come non sia più possibile trovare un modo di criticare attivamente le grandi corporazioni, in quanto esse hanno scoperto (attraverso i meme o comunque il classico umorismo di internet) come l'autoironia distrugga definitivamente ogni critica, provvedendo anche a mostrare una certa self awareness che piace così tanto alle ultime generazione, rendendo ulteriormente impossibile porre fine ai loro problematici e pericolosi comportamenti.

Per quanto riguarda entrambi i film, inoltre, usufruisco delle parole del professor John Mikler, che ha provveduto a spiegare come le multinazionali che crediamo fuori dal discorso politico in realtà siano degli attori politici tanto validi quanto gli organi di un governo. Egli procede a spiegare come, indipendentemente dall'orientamento politico del partito vincitore, quest'ultimo provvederà sempre a proteggere le grandi compagnie piuttosto che i propri cittadini. Questo perché il mercato e le forze economiche, nel mondo odierno, sono molto più importanti del potere politico e dell'identità degli stati.

"Governments do not act towards the activities of large multinationals, not because they cannot, but because they have chosen to and to not legislate or ask any questions about the way corporations operate. So it is not just about corporate power, because states still have legislative power, if they want it. And the question is: why don't they want to exercise that power?"

Multinazionali e stati sono due facce della stessa medaglia, procedono a coprirsi le spalle a vicenda, ignorando quali sono le vere necessità dei cittadini o dei consumatori. La cosa peggiore è il fatto che noi tutti non abbiamo controllo su cosa ci viene proposto, o come: possiamo avere i sospetti nei confronti di una compagnia, ma anche se quest'ultimi vengono confermati, il settore del marketing farà di tutto per coprire lo scandalo, dandoci motivi per tornare più e più volte da chi ci ha ingannati:

"Very often people suspect that something is not right in the supply chain of the company, but they are not aware of it. When they find out, then consumer campaigns are pop up."

Nel caso di Killers of the flower moon e Barbie, dunque, si può effettivamente parlare di campagne pubblicitarie implicite, oltre che di film, atte a distogliere l'attenzione dello spettatore dalle verissime realtà del mondo. Indirizzando lo sguardo dello spettatore in un'unica direzione, egli assume una cecità selettiva che porta al plauso di compagnie moralmente grigie come quelle precedentemente nominate. Da questo punto di vista penso che Top Gun: Maverick faccia una cosa buona dichiarando da subito con chi si schiera: esso esiste come film di propaganda militare (pur essendo molto altro). Questa è solo la mia opinione, ma penso sia meglio sapere contro quale male si combatte, così da alzare preventivamente le proprie difese, essendo coscienti di ciò che ci viene proposto e di come noi vogliamo rispondere. Credo siano molto più pericolosi i significati impliciti, poiché, seppur per un momento non sembrino attivare una reazione in noi, ci poniamo di fronte ad essi disarmati, lasciando che ci colpiscano e che crescano dentro di noi, come un vero e proprio inception. Una volta assodato che le multinazionali non vendono più prodotti, bensì idee, e che la nostra attenzione sia la merce ultima per cui queste compagnie si battono, preferisco consumare qualcosa in maniera cosciente  (per quanto sia possibile) piuttosto che imposto contro la mia volontà.

Top Gun: Maverick è un film di propaganda, questo è ormai assodato. Tuttavia, esistono film e film, ricadere sotto l'etichetta di altri prodotti simili non significa essere uguali. Ho nominato più volte, in questo saggio, Luciano Serra Pilota, e adesso procederò a parlarne raccontandone anche la trama. Il film parla di Luciano Serra, un aviatore che non riesce ad accettare il fatto che la Prima Guerra Mondiale sia finita, in quanto il suo mestiere non è più rispettato come prima. Questo abbattimento morale lo porterà ad allontanarsi dal figlio, Aldo, che una volta cresciuto seguirà le orme del padre diventando anche lui un aviatore (non prima di ricevere l'autorizzazione da Luciano stesso). Aldo vola a combattere in una campagna d'Africa, mentre Luciano sembra scomparire nel mezzo del mare durante una missione: tutti lo credono morto. Tuttavia, non è così: sopravvissuto e travestito da legionario, Luciano soccorrerà il figlio, nel frattempo ferito in battaglia, e lo condurrà al sicuro, guidando lui stesso l'aereo, dimostrando agli altri e a sé stesso la nobiltà del suo mestiere. Alla fine del film i due saranno in salvo, ma a causa delle gravi ferite moriranno: entrambi, vicini, persi e finalmente ritrovati.

Ora, se la trama vi sembra simile è perché è quasi la stessa di Top Gun: Maverick, ma questo l'avevo già detto. Ciò che non ho detto ma che è facilmente intuibile è che Luciano Serra Pilota, film del 1938, sia un film di propaganda: procede a mostrare la bellezza dell'aviazione (specialmente militare), il successo delle campagne d'Africa e via dicendo. Questo film potrebbe essere facilmente scartato dalla storia come l'ennesimo film fatto durante un periodo oscuro, da guardare unicamente come fonte storica e niente di più. Io scelgo di no, perché ridurre Luciano Serra Pilota a un unico messaggio sarebbe superficiale: il modo in cui il film rappresenta la relazione tra Luciano e Aldo è a dir poco commuovente. L'incredibile sensibilità che accompagna questi uomini, che non hanno paura di abbracciarsi, amarsi e, alla fine, morire l'uno a fianco dell'altro mi ha lasciato senza parole. Inoltre la regia spicca particolarmente in questi momenti, organizza l'inquadratura in maniera tale che lo spettatore si senta ancora più vicino ai due. La sceneggiatura, tra l'altro, è di Roberto Rossellini, e ci tengo a sottolinearlo perché, specialmente in Italia, amiamo pretendere che Rossellini sia spuntato da un giorno all'altro e abbia diretto Roma Città Aperta, castigando definitivamente il fascismo, quando invece anche lui ha fatto la sua buona fetta di film Mussoliniani.

Perché sto facendo tutto questo discorso? Perché non penso sia giusto rimuovere dalla storia del cinema o comunque dal panorama artistico film come questi solo perché peccano nel loro messaggio esplicito, molto spesso a causa della produzione piuttosto che dell'artista responsabile. Io non mi sento di mettere sullo stesso piano Luciano Serra Pilota e Camicia Nera, altro film di propaganda dell'epoca che invece ha assolutamente e decisamente nulla da salvare. Così come non penso sia giusto scartare allo stesso modo Top Gun: Maverick. Sento già le critiche arrivare: un film è stato concepito e realizzato sotto una dittatura, l'altro è stato frutto di una scelta, ed indubbiamente ciò è vero. Non posso difendere la scelta di Kosinski o di Cruise di appoggiarsi al braccio armato degli Stati Uniti, ma seguendo il discorso riportato sopra riguardo le multinazionali, almeno sono felice di sapere che il prodotto finale sia così spettacolare e fedele a se stesso proprio grazie all'ausilio di veri F-18. È vero, essi sono stati ottenuti facendo una pubblicità lampante per un'istituzione con dei pessimi ideali, che però non ha avuto timore di mostrarli, piuttosto che prendendo soldi dall'ennesima compagnia pusillanime, colta in flagrante nel coprire i propri crimini.

Top Gun: Maverick è un film che non mostrerei al mio cuginetto di 5 anni o a persone facilmente influenzabili, ossia il target delle milizie statunitensi. Usufruire di un'opera d'arte per convincere le persone ad arruolarsi è un atto, come detto in precedenze, estremamente disgustoso. Ma qual è invece il target di Kosinski? Penso che poche persone si siano interrogate su ciò, scartando preventivamente il film come un concentrato di testosterone e niente di più. Ebbene, io sono convinta, e questo posso affermarlo con il 99% della mia sicurezza, che il target fossero quelle persone che sono rimaste affezionate al film di Scott dell'86. Ma non solo, anche le persone che, pur non avendo mai avuto la possibilità di avvicinarsi all'originale, ne volevano un assaggio. Infine, le persone sensibili, i romantici, coloro che non si fermano alle apparenze. Sto straparlando, ma solo per comunicare come questo film sia un incredibile film di formazione per coloro che hanno raggiunto un'età adulta, e per molteplici motivi: in primis, Top Gun: Maverick è un film che coesiste, e funziona, nell'universo di Everything Everywhere all at once. Questi due film sono così profondamente diversi, ci danno un assaggio di ciò che è il clima culturale, specialmente cinematografico, nel 2022: un momento in cui, come in EEAAO, l'universo si rompe in frammenti e noi possiamo godere allo stesso modo di tutti quanti in maniera profondamente diversa. Guardare EEAAO  ci induce ad abbracciare il nichilismo, trovando un significato anche quando la realtà cerca di impedircelo. È un film fresco, nuovo, meta moderno, ci invita a guardare verso l'orizzonte lontano e a ponderare domande riguardo il futuro del cinema.

Allo stesso modo, e in maniera completamente opposta, Top Gun: Maverick ci invita a guardare indietro, con malinconia, a quel che è stato. Su uno sfondo di tramonto arancio le figure sono indistinguibili, potrebbe essere Maverick sulla sua moto, così come uno dei tanti cowboy di John Ford in sella al fedele destriero. Uno sguardo ai giganti del passato, scrutando con nostalgia le figure e gli archetipi da cui abbiamo iniziato a costruire, che ci fanno capire quanto oltre siamo arrivati. Top Gun: Maverick ci dà una dolce pacca sulla spalla, proclamando come a volte basta godersi il viaggio piuttosto che soffermarsi sul punto di partenza o sulla destinazione. "Non si fanno più film così" è una frase esaltata da chi non riesce a lasciar andare del passato, molto spesso usata nei confronti di Maverick, poiché incredibilmente semplice e modernista nella sua forma. Tuttavia, questo film non implica che siamo rimasti sempre gli stessi, o che il cinema piuttosto, sia rimasto sempre fermo lì: esso ci comunica quanto il mondo sia cambiato, sia diventato incredibilmente complesso, e ci dà la possibilità per solo un paio di ore di dimenticare lo stress del mondo globalizzato, per lasciarci trasportare dalla dolcezza di una narrazione semplice, pulita, forse la più vecchia del mondo.

In conclusione, quando e se avrete la possibilità di vedere Top Gun: Maverick, date una chance alle mie parole piuttosto che alle barriere che vi impediscono di vedere con chiarezza. Forse troverete che i film diventano molto più belli quando si scava, piuttosto che quando si gratta la superficie e basta, andando oltre la semplice estetica ed apparenza. Fatevi trasportare dai tramonti arancio bruciato, dalle battutine a botta e risposta tra Maverick e Penny, dalle parole di Goose che, in qualche modo, sono certa che risuonino fortissimo ad alta quota. Per finire, fatevi guidare dalla regia esperta di Kosinski, dalla performance incredibilmente emotiva di Cruise e dalla voce di Lady Gaga su quelle ultime sacrosante parole: "In memoria di Tony Scott".

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