Film: The Artist (2011)
Voto: 8.5/10
Regia: Michel Hazanavicius
Cast: Jean Dujardin, Bérénice Bejo
Lingua: Inglese
“There's one thing we could try. Trust me”
“The Artist” è un film del 2011, noto per aver creato record
su record durante l ‘”award season”. Infatti, ha vinto l’Oscar per il miglior
film pur essendo un film in bianco e nero, muto e prodotto in Francia. Insomma,
rispetto agli altri film candidati non aveva una chance (Hugo Cabret,
Midnight in Paris, War Horse, questi solo per fare un paio di esempi),
eppure ha vinto comunque, perché? Perché, com’è stato definito da molti, questo
film è una lettera d’amore al cinema americano, e Hollywood adora i film che
parlano di Hollywood, motivo per cui Mank di David Fincher è il favorito
di quest’anno, ma questa è un’altra storia.
Torniamo a parlare del nostro film: The Artist. Il film tratta
di George Valentin (Jean Dujardin), divo del cinema muto, e del suo incontro
con Peppy Miller (Bérénice Bejo), giovane aspirante attrice. Ma il film è più incentrato
sul rapporto che Valentin ha con il cinema, e con il suo passaggio da muto a
sonoro: il cinema per lui era una casa accogliente, ora è invece di ventato un
diffidente sconosciuto. Per finire, il tema che lega tutto questo insieme è
quello dell’amore per il cinema, un amore interno e perpetuo da parte del
pubblico nei confronti di Hollywood, in tutte le sue forme evolutesi nel tempo.
Personalmente mi è piaciuto molto, e non me l’aspettavo, in
quanto il mio occhio viene sempre colpito dalla cinematografia, che è praticamente
assente in un film in bianco e nero. Eppure, questo film non solo è riuscito ad
intrattenermi con successo, ma mi ha colpita nell’uso magistrale di piccoli
trucchetti cinematografici. Il fatto di girare in bianco e nero nel 2011 da
infatti dei vantaggi che nel 1940 e anche prima non si potevano avere: il bianco
e nero innanzi tutto ci riporta subito a un’altra epoca, in quanto ai giorni
nostri non si vede molto, il che crea subito una forte istanza storica. Quando
però il film vuole effettivamente farci capire che siamo nel 2011, ha i mezzi
per farlo! Il momento che rappresenta meglio ciò è infatti al minuto 30,
quando, dopo che Valentin ha sbeffeggiato il cinema con suono, torna nel suo
camerino e, quando poggia il bicchiere sul tavolo, sembra sentire per davvero
il suono per la prima volta. Il cinema incontra la verità, la verità diventa la
nostra realtà, tutto questo semplicemente attivando una corta traccia audio
durante il montaggio del film.
Una parte molto forte del film infatti è sicuramente il
montaggio, su cui non mi dilagherò per evitare di fare spoiler sul finale, ma
che è eseguito egregiamente, dinamico in alcuni momenti, lento e drammatico in
altri. Per chi ha visto la parte di montaggio alternato vicino alla fine, può
concordare con me su quanto sia servito a creare suspense risolverla, sempre
restando fedele alla forma “classica” del film, e sfruttandola a proprio
favore.
Ovviamente è necessario un accenno alla recitazione, a Jean Dujardin,
che ha anche vinto l’Oscar al miglior attore grazie a questo ruolo. Gli attori
sono stati davvero egregi, tornando a uno stile di recitazione buffo ed
esagerato, ma perfetto per far arrivare le emozioni al pubblico. Nel mio cuore
sono inoltre rimaste impresse le scene di ballo, di tip tap tra i due
protagonisti, che non solo servivano da motif, per esplicare la crescente attrazione
chimica tra i due, ma che sono intrattenimento nella sua forma più pura e
gioiosa, sempre riportando la mente al cinema di un’epoca passata.
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