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Recensione Minari

 

Film: Minari (2020)

Voto:7/10

Regia: Lee Isaac Chung

Cast: Steven Yeun, Yeri Han, Alan S. Kim

Lingua: Koreano/Inglese

“Minari is truly the best. It grows anywhere, like weeds. So anyone can pick and eat it. Rich or poor, anyone can enjoy it and be healthy”

“Minari” non è il mio film preferito di questa stagione, ma ha decisamente tanto potenziale. È un film semplice, piacevole, che , grazie alla combinazione della regia e della scrittura di Lee Isaac Chung, crea un grazioso film perfetto per l’intera famiglia. Tratta temi fondamentali, come quello della famiglia, con apparente semplicità, ma dietro l’intero film c’è un intenso simbolismo.

“Minari” è un film che parla del sogno americano, più precisamente del sogno americano della famiglia Yi. La storia del loro “stabilirsi” nelle ignote terre dell’Arkansas è narrato particolarmente dal punto di vista del capofamiglia (Steven Yeun), che deve dimostrare a se stesso, a sua moglie (Yeri Han) e al resto della famiglia di aver fatto la scelta giusta, ma ci sono numerose sequenze in cui seguiamo il piccolo David (Alan S. Kim), alla scoperta di questo nuovo mondo e della sua relazione con la nonna, tutto questo attraverso il suo modo fresco e innocente di vedere le cose.

Già dalla definizione del titolo (data da nonna Soon-Ja) capiamo come questo film si concentri sulle piccole cose: cos’è il minari? È questa pianta che cresce ovunque, buona da mangiare, a cui sia i ricchi che i poveri possono avere accesso. Questo titolo ci dice già tutto sul film: come si stia parlando di un mondo umile, ma con un grande significato nascosto dall’uso di un astuto simbolismo (in maniera molto Pascoliana) e come si stia parlando del sogno americano, dell’ascesa di classe che un padre sta cercando di compiere per tutta la famiglia. Ma stiamo parlando anche di emigrazione, di lasciare la propria patria, a volte rischiando di dimenticare le proprie radici come fa David. Il film trasmette talmente tanti messaggi che è impossibile guardarlo superficialmente, qualcosa farà breccia e vi colpirà dritti al cuore.

Ma “Minari” non è solo un film dai significati profondi, ha anche un’estetica affascinate. Il mondo di “Minari” è un mondo primordiale, ricco di verde e di natura. I colori delicati sovvengono all’occhio, facendo notare questa chiara palette pastello, ma la luce è la vera protagonista per me: senza una luce curata perfettamente, non potremmo cogliere la soavità dei campi che sono tanto cari a Jacob, con quello scintillio di luce che si riflette nella rugiada poggiata delicatamente sulle foglie. Così come non potremmo cogliere la devastazione, la distruzione del fuoco in quegli ultimi frame.


Tutto sommato, “Minari” è un film che ho apprezzato, perché anche se forse fa il passo più lungo della gamba, mettendo insieme tutti questi temi e personaggi, alla fine l’esecuzione è abbastanza soddisfacente, facendoci scordare di eventuali dettagli dimenticati o storyline non approfondite in profondità.

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